lunedì 20 febbraio 2023

piddì piddì, il mio amore è finito lì...

 

La vittoria annunciata e scontata di Bonaccini ricorda quella di Mengoni al Festival.

Tutto è superfluo (interviste, primarie, voto dei circoli fantasma...): si sa chi ha già vinto.

Quel testone dal mento prominente e dagli occhi lucidi, che ricorda un ben più noto duce del passato che ritorna, e che è già governatore in Padania avendo conseguito la maggioranza di voti, ma su un misero 37% di votanti.

L'importante è vincere la gara, e lui è un vincente.

Non come Cuperlo, eterno perdente, ectoplasma della sinistra che fu.

E non come la Schlein, donna lucida e intelligente , ma non abbastanza da lasciare il PD alla sua trista sorte.

Scegliendo Bonaccini, il PD conferma di fatto la linea di sempre, quella linea che ha già perso, che ci ha consegnato definitivamente alla destra: sconfitta che -così si diceva allora- avrebbe motivato il necessario cambiamento (e non solo del segretario, l'ineffabile Enrico (non Berlinguer, Letta)).

Ma Bonaccini non è una semplice conferma del passato recente; è un doppio salto all'indietro: rappresenta, infatti, sostanzialmente un nuovo Renzi.

E, dopo una prima fase di ascesa, farà la sua stessa fine.


D'altronde, cosa potrebbe fare di diverso un partito come il PD, se non ripetersi ciclicamente nei suoi disperati e simultanei tentativi di fingersi di sinistra, prendere i voti del centro e occhieggiare a destra?

Una storia già vista, che va avanti -esplicitamente- almeno dalla Bolognina e -in forme più velate ed ambivalenti- già dal togliattismo anti-gramsciano degli anni Cinquanta.

Un partito che si nutre di un sindacalismo che non fa gli interessi di coloro che lavorano e che non ha mai davvero osteggiato la loro precarizzazione.

Un partito che ha sempre difeso il blocco di interessi delle èlites, che di fatto rappresenta l'establishment (con sede a Bruxelles e nel FMI), la cui politica ancora ci governa, con buona pace dei governi in carica ed in barba a qualunque veste ideologica di cui essi amino rivestirsi per esibirsi nello spettacolo elettorale.

Un partito che mantiene le sue percentuali di voto, continuando però a perdere milioni di voti ad ogni tornata.

Voti di potenziali elettori che -di volta in volta- cercano nuovi lidi (i 5S alle elezioni 2018, Azione in quelle 2022), o in massa iniziano o proseguono sempre più ad astenersi.

Con la scelta obbligata di Bonaccini, il PD conferma ancora la sua volontà di non voler e di non poter riavvicinarli più.


La domanda, per me e per quelli come me (che siamo tanti), resta sempre la stessa: cosa potrebbe riportarci all'azione politica e -per chi ci crede ancora- al voto?

A sinistra del PD continua ad esserci il deserto.

Non mancano le analisi convincenti, le recriminazioni confortanti, le alternative contingenti.

Mancano però i movimenti che le rendano politicamente attive, coerenti e coordinate.

Ma i movimenti non si creano a tavolino.

Ed anche quelli che nascono (soprattutto nell'ambito delle lotte ecologiste) faticano a non restare isolati, a coinvolgere i 'ritirati', a costruire ponti.

É questo il vero problema oggi, e non da ora.

Ed è per questo che -immeritatamente ed immotivatamente- continuiamo a parlare del PD, delle sue false gare e delle sue triste sorti.

2 commenti:

  1. Non sarà probabilmente determinante per la rivoluzione....ma ha vinto Elly Schlein :)

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  2. Non sono anonima...mi chiamo Cristina
    Ciao

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