domenica 28 settembre 2025

stronzi sul mare

 Intorno alla Flotilla si sta generando una forte mobilitazione.

C'era bisogno di un simbolo identificativo, per milioni di persone, stanche di brodini riscaldati e centro-sinistri appelli, e l'autunno caldo si è aperto.

Basta così poco e già i governi si agitano.

Ed ecco che subito intervengono a cercare di sminuire, sedare, manipolare quel che sta avvenendo, senza di loro e contro di loro.

L'intervento di Mattarella di questi giorni (a cui quasi tutti i partiti si sono accodati, rispettosamente, e con cui il Vaticano collabora attivamente) ne è l'emblema: si vuole ridurre la missione ad una consegna di pacchi, limitata a un compito specifico, annullandone così l'effetto relazionale ed il significato politico.

E' del tutto evidente che la Flotilla usa l'aiuto umanitario come chiave strumentale per rompere l'assedio ed il silenzio su Gaza, e non viceversa.

Neutralizzare il senso profondo e radicale di quell'azione è il primo obiettivo di queste prese di posizione, ammantate di paternalismo e ovviamente preoccupate per un'azione democratica diretta, estremamente politica (e non semplicemente umanitaria), che salta la mediazione dei partiti e degli stati.

Il secondo loro obiettivo, ancora più becero e vile, è quello di evitarsi gli strascichi di un eventuale e probabile, ennesimo attacco di Israele verso persone inermi: solo che, in questo caso, non sarebbero dei palestinesi (che possono per noi 'bianchi' anche morire a migliaia e migliaia, come già sta accadendo da anni), ma dei cittadini europei, dei nostri 'simili', ed anche dei deputati e delle personalità note.

Se ci fosse un attacco, dei feriti o addirittura delle vittime sulle barche (e non sui barconi), i governi europei si troverebbero tra Scilla e Cariddi (la difesa dei propri cittadini e la difesa ad oltranza di Israele) e dovrebbero gestire una bella grana.

Anche loro si trasformerebbero in agenti dell'antisemitismo agli occhi di Netanyahu?

Oppure preferiranno proseguire ad avversare la Flotilla, qualunque cosa accada?

Si barcameneranno, forse, improvvisando lamenti e minacce, come sempre, pur di restare a galla.

Ma sul mare, quel che resta a galla, sono solo i relitti e gli stronzi.

venerdì 26 settembre 2025

prepariamoci

 Per quanto il nesso tra diritto e violenza sia storicamente indubitabile ed inscindibile, la nonviolenza crede nella possibilità di agire sul diritto per modificarlo in meglio attraverso atti che lo contestino non in quanto tale, ma limitatamente ad un ambito ritenuto, in coscienza, eticamente inaccettabile, socialmente regressivo e/o politicamente controverso. La contestazione (l'obiezione, la renitenza) può essere a sua volta legale (boicottaggio, non collaborazione attiva) o illegale (disobbedienza civile). Da qui il paradosso dell'impossibilità di legalizzare quest'ultima, così come era stato proposto un decennio fa (ma sembra passato un secolo…) dalla Rifondazione comunista di Bertinotti, durante il governo Prodi. In linea di principio e di fatto un'azione nonviolenta (o un attivista nonviolento) può accettare di essere sorretto e difeso dal diritto, nazionale o internazionale, e può utilizzarlo come base 'giuridica' a sostegno delle sue azioni 'politiche'. Lo stesso Gandhi, da buon avvocato qual' era, utilizzava le leggi inglesi contro gli inglesi: ovviamente, per giustificare o difendere le sue azioni e non per sostituirle (come invece, troppo spesso, accade oggi, tempo in cui i diritti vengono reclamati in assenza (o al posto) dell'agire politico). Ma cosa accade quando il diritto, sia in sede statale (vedi, in Italia, ad es. il nuovo decreto sicurezza), sia in sede interstatale (con la crisi del modello regolativo multilaterale e dei diritti civili e umanitari), non può più fungere da dimensione protettiva e arriva anzi a svolgere una funzione repressiva o criminalizzante anche verso un agire limpidamente nonviolento che voglia contestare l'ordine costituito e la logica di guerra?

Riemerge e si evidenzia il nesso tra diritto e violenza di cui sopra e la parola passa, inevitabilmente, a quest'ultima: i nonviolenti ed i pacifici-pacifisti vengono così inglobati in un circuito che si autoalimenta e che si muove tra la violenza di chi non ci sta e si ribella aggressivamente (immediatamente accusato di terrorismo ed accomunato ai criminali) e la violenza degli apparati armati dello stato (polizia ed esercito), esercitata contro-aggressivamente e/o paternalisticamente. L'intervento di Crosetto e Meloni di questi giorni verso i membri della Flotilla appartiene -per ora- a questa ultima categoria: vi proteggiamo, cari ragazzi, ma ve la state andando a cercare e -alla fine- non potremo fare molto per voi se proseguite a sbagliare e ad essere immaturi ed irresponsabili. "Il governo italiano ha preso atto del rifiuto della flottiglia di consegnare gli aiuti in un porto neutrale. Ai partecipanti italiani che volessero fermarsi in Grecia e proseguire in modo sicuro per l'Italia o altra destinazione, l'Italia offrirà assistenza ove richiesto. Per chi prosegue il viaggio con la Flottiglia resta valido l'avviso iniziale, pubblicato su www.viaggiaresicuri.it, che l'iniziativa è sconsigliata. Chi la intraprende si assume in proprio tutti i rischi e sotto la sua personale responsabilità. La presenza di un'unità della Marina Militare italiana - conclude il messaggio della Farnesina - è volta ad assicurare ove necessario l'applicazione della legge di soccorso in mare per eventuali necessità di tipo umanitario. In nessun caso potrà costituire un fattore di difesa od offesa per la flottiglia sul piano militare nei confronti di chicchessia". Le fregate messe in campo dal ministero della guerra stanno per fregare -in ogni caso- i pacifisti: se non interverranno a loro protezione, come appare dal comunicato, potranno sempre dar loro degli incoscienti e giustificare così quel che subiranno; se interverranno a loro difesa (improbabile) potranno autolegittimarsi quale unico baluardo e risposta possibile contro la violenza nel mondo (le armi come soluzioni al conflitto). Tra parentesi: ben diverso sarebbe stato un intervento di polizia internazionale da parte dell'ONU (che, però, ancora una volta, si guarda bene dall'interferire direttamente, come invece dovrebbe e potrebbe).

Potranno, comunque, ancor più proseguire a dirci: 'Lasciate fare a noi…!'. Come se quel che sta accadendo, dopo vari anni di guerra ormai, non nasca proprio dal rifiuto di proseguire ad illudersi che gli Stati vogliano e possano davvero fare qualcosa che non sia la guerra stessa. A questo, e soltanto a questo, si stanno dedicando e si stanno preparando (e non solo a parole, ma con azioni e omissioni). Quando la si vuole fare, i pretesti per scatenarla, con la scusa di difendersi dal nemico (e dai suoi droni che svolazzano nei cieli europei, messi in orbita da chissà chi) si sono sempre trovati (e creati) e si troveranno sempre. E questo vale anche per la costruzione di una strategia della tensione all'interno di ciascun paese: omicidi politici e stragi sono sempre a portata di mano per chi vuole stare al potere con ogni mezzo, come già sappiamo dalla nostra storia cosiddetta 'repubblicana' (guidata sin dalla sua fondazione dai servizi segreti e dagli Stati Uniti, molto più che da parlamenti e partiti).

Perciò prepariamoci al peggio: per la Flotilla e per tutti noi. 

giovedì 25 settembre 2025

paradossi

La Meloni è maestra di paradossi: accusa i pacifisti della Flotilla di essere irresponsabili, quando invece dovrebbe chiedersi quali responsabilità si sono assunti i governi per fermare Israele dal genocidio in atto. Si nasconde dietro la foglia di fico degli aiuti umanitari di stato, quando invece dovrebbe ammettere che la Flotilla è nata proprio per le inadempienze degli stati anche in ambito di assistenza e protezione delle popolazioni civili assediate, affamate e costrette a continui esodi nella loro stessa terra.

Netanyahu è un paradosso vivente: accusa i pacifisti di essere terroristi, mentre realizza un terrorismo di stato senza precedenti, sia verso i palestinesi, sia verso altri stati nazionali (Siria, Libano, Iran, Qatar, Yemen...). Dice di voler far fuori Hamas e tratta con Hamas. Dice di voler salvare gli ostaggi e intanto prosegue a devastare Gaza da terra e dal cielo, mettendo evidentemente a rischio la loro vita.

Trump è un paradosso totale: gioca su tutti i tavoli, cambia parere e orientamento ad ogni ora, alterna alleati e nemici a seconda dell'umore, vende armi e fa il mediatore allo stesso tempo: è una strategia la sua, è un metodo, pur di stare al centro del mondo (almeno di quello mediatico, visto che sui versanti della politica e dell'economia il gigante americano vacilla paurosamente...).

I pacifisti in mare si trovano ora in un mega-paradosso: per difendersi dagli attacchi israeliani, attuali e futuri, stanno per essere protetti dalla Marina militare di Crosetto & c.. Antimilitaristi che accettano la protezione militare: quale paradosso più grande e terribile?  Anche qui sta la differenza tra pacifismo e nonviolenza.



mercoledì 24 settembre 2025

Le ragioni di Trump

Trump ha ragione quando dice che l'ONU è inutile, finita.

Lui lo sa bene, dopo che gli USA hanno contribuito ad affossarla per primi. Se non si dà credito alle dichiarazioni dell'Assemblea generale, se si trascurano le sue deliberazioni, se si bloccano ripetutamente le  decisioni del Consiglio di sicurezza attraverso il potere di veto, se ci si fa beffe della Corte Internazionale di Giustizia, se si fanno a pezzi le attività dell' UNHCR, etc etc, cosa resta dell'ONU?

Trump ha ragione quando dice che l'Unione Europea è irrilevante e imbarazzante

Noi lo sappiamo bene, visto quel che conta il suo Parlamento e quanto ancora spadroneggino gli Stati membri, quanto ci siamo appiattiti sugli Stati Uniti rispetto alle guerre in corso, quanto poco siamo stati capaci di tutelare la nostra autonoma in politica estera, quanta ignavia stiamo dimostrando su quel che accade in Palestina, etc etc.  L'Unione europea sta rivelando da tempo la sua tendenza suicidaria.

Trump non ha ragione a dire che il cambiamento climatico è una truffa. 

La truffa però non sta solo nel suo negazionismo, ma anche nelle strategie truffaldine di quella che tutti gli altri Stati chiamano 'lotta al cambiamento climatico' e che è sempre più sottomessa alle lobbies e agli interessi industriali e si ammanta di slogan falsi e stupidi (sostenibilità, transizione ecologica, green economy, etc etc). 

Trump non ha ragione a dire che i nemici numero uno, da perseguitare e da espellere, sono gli immigrati.

Ma quali capi di governo, e quali maggioranze -in Europa e nel mondo- non la pensano e non agiscono come lui? Mi pare in ottima e amplissima compagnia. Quindi perchè fingiamo di stracciarci le vesti se ha solo la faccia tosta di dirlo apertamente  in una sessione dell'ONU e non solo a casa sua?




domenica 21 settembre 2025

Da Charlie Hebdo a Charlie Kirk

 


Alcuni anni fa ci siamo trovati a vivere l'attacco islamista ad un giornale satirico francese.

Ho vissuto con dolore la morte dei mordaci redattori e giocosi vignettisti di Charlie Hebdo.

La libertà di opinione ed espressione occidentale si scontrava allora con i limiti del rispetto religioso nei confronti del profeta,

Dove sta questo limite? In una visione democratica radicalmente liberale (e libertaria) non c'è.

Qualunque idea è lecita, può e deve essere espressa, se non si tramuta in azione violenta o distruttiva. Un'espressione di libertà non può e non deve essere repressa, né tanto meno ammutolita con l'omicidio di chi la espone. Questo -per me- deve valere anche per le idee fasciste e naziste, xenofobe e razziste, militariste e genocidiarie.Devono essere contrastate culturalmente e politicamente, ma non penalmente o a mano armata. Esse esprimono conflitto e vanno permesse, senza essere accolte o giustificate. 


Qualche giorno fa è stato ucciso da un ragazzo ventiduenne, coetaneo dei suoi milioni di fan, Charlie Kirk. Un giovane influencer politico, capace di esprimere radicalmente i conflitti che oggi attraversano l'Occidente e l'America, portato alla discussione polemica e alla provocazione sociale e culturale, ed esponente di visioni apertamente sessiste, razziste e francamente filo-naziste.

Il conflitto, espulso e criminalizzato per decenni dalla cultura liberal-woke politicamente corretta, riemerge sempre più -ed in forme estremizzate, aggressive, bellicose (almeno a parole, a voce o sulle tastiere di mezzo mondo)- e viene a turbare definitivamente i sogni dei pacifisti da strapazzo che ancora gemono i loro mantra nei media mainstream.

Dietro il paravento, qualcosa di profondo, significativo e terribile ricomincia a muoversi da qualche tempo. Si chiama inimicizia, guerra, mostrificazione dell'altro.

Nella totale incapacità di rielaborare i suoi fantasmi, e minacciato da ben consistenti spettri che lo assediano e gli chiedono conto di tutti i misfatti commessi in nome della democrazia da esportazione, l'Occidente va all'attacco del mondo intero con bombardieri e dazi e va verso una miriade incontrollabile di divaricazioni insanabili e guerre civili all'interno dei suoi stessi confini.

L'uccisione di Charlie Kirk rivela -finalmente e senza remore- la matrice suprematista bianca della violenza politica. Rispetto a quel che avvenne in Francia fa andare in secondo piano il rischio integralista-islamico (che comunque si rafforzerà visto quel che stiamo appoggiando e permettendo in Medio Oriente) e riporta a noi, dentro la nostra presunta e presuntuosa civilizzazione, il conflitto politico centrale del nostro tempo: quello della scelta , senza se e senza ma, tra violenza e nonviolenza.

Se si proseguirà a scegliere la prima, questa è e sarà la nostra sorte, quella che già viviamo oggi: la guerra come continuazione della politica con altri mezzi.






mercoledì 17 settembre 2025

solo un branco di ipocriti

Ieri, Netanyahu -a chi lo accusava di crimini e genocidio (solo perchè sta spianando Gaza e decimando i suoi abitanti, in fondo...)- ha detto che quelli che lo attaccano 'sono solo un branco di ipocriti!'. Impossibile dargli ragione su quel che sta combinando insieme ai suoi ministri e alla maggioranza del suo popolo. Ma sarebbe l'ennesima nostra ipocrisia dargli torto su quel che dice di noi, dei nostri governi e dei nostri parlamenti, italiani e occidentali (per non parlare dei cosiddetti amici dei palestinesi, i paesi arabi). Sì, siamo soltanto un branco di ipocriti.

Lo stesso vale per quel che riguarda l'atteggiamento verso la Flotilla, ora in viaggio. Nessuno o quasi la attacca apertamente, ma nessuno o quasi la appoggia davvero. Dicono che la tuteleranno, ma sotto sotto -in tanti- sperano che siano mazzolati ben bene dagli israeliani. Se qualcosa di grave accadrà, come ritengo probabile, qualcuno fingerà di stracciarsi le vesti, altri si dissocieranno (come sta accadendo ora per l'azione dell'IDF a Gaza), ma in fondo -in cuor loro- i più festeggeranno. Colpirne cento per educarne milioni, è la logica della paura, la logica di sempre.

E così funziona anche nei confronti di Trump e di chiunque aggredisca gli altri, facendo il bello ed il cattivo tempo, in barba a regole, leggi e diritti. Lo si critica, ci si ironizza sopra, si minimizza, ci si dichiara preoccupati ed inquieti, ma -alla fin fine- quel che permane è la sensazione che tutti -se potessero- farebbero come lui: dal più grande degli Stati al più umile dei cittadini. Quando si arriva al punto a cui siamo giunti l'unica possibilità che resta alla maggioranza delle persone (fatti salvi i santi e gli esseri moralmente esigenti, sempre più rari o ritirati..) è quella di 'identificarsi con l'aggressore'. Verso Trump (ma anche verso Musk o Meloni o Putin...), quel che prevale -sotto il velo di un ipocrita dissenso- è una malcelata ammirazione, se non un'invidia sempre meno nascosta (il che si rivela proprio nel fatto che -alla fin fine- chi ancora vota va a votarli).

Guardate cosa è avvenuto dopo l'assassinio politico di Kirk: ora -se provi a dire che era un nazista- diventi un complice dell'omicida.  Così come -se contrasti il sionismo- vieni immediatamente accusato di antisemitismo. E queste repliche ti arrivano addosso non solo da nazisti o sionisti, ma anche da intellettuali liberal-democratici o anche da 'gente di sinistra'. D'altra parte, molti di loro sono gli stessi che -solo poco tempo fa- parlavano di 'resistenza partigiana' degli ucraini o di 'diritto alla sicurezza e alla risposta' degli israeliani. E che ancora oggi vogliono la 'distruzione di Hamas', anche se questo significa la distruzione della Palestina intera. E sono gli stessi che -da inossidabili farisei quali sono-  dicono di voler riconoscere lo Stato di Palestina proprio ora che sono sicuri di averlo fatto fuori per sempre (se non come futuro fantoccio in mano a sauditi o protettori di turno), insieme alle persone che avrebbero dovuto abitarlo.

Nel piccolo, a proposito di sepolcri imbiancati, ho assistito l'altro giorno ad una marchetta organizzata dall'Istituto Treccani in piazza del Carmine a Cagliari. Questa ed altre iniziative -nell'intendimento dell'ineffabile Giunta di centro-sinistra- si propongono l'obiettivo di proteggere quella piazza da spacciatori, extracomunitari e barboni, attraverso la cultura e la presenza sociale. Idea meritoria, che va però di pari passo con la trasformazione di quell'area in un primo verso esperimento di 'zona rossa' in città, perennemente perlustrata da polizia e videocamere. Detto questo, l'altro giorno, l'ineffabile dirigente esperto, sostenuto dall'altrettanto esperta di comunicazione della Regione, ci ha dato la soluzione per eliminare le liste d'attesa e permettere di accedere alle visite con celerità ed efficienza: aumentare il numero e l'anticipo delle disdette da parte dei cittadini, in modo tale da liberare dei posti per gli altri richiedenti. Non una parola sulla mancanza (o lo sciupìo) delle risorse e del personale, sul malaffare dell'intra moenia e dell'extra moenia, sull'inefficienza del sistema, sulle inadempienze dei politici e dei professoroni sui loro scranni. No: il problema è che i cittadini non sono ancora abbastanza civili, vanno rieducati e paternalisticamente invitati a collaborare, oppure a sentirsi in colpa. E' lo stesso procedimento che si utilizza per la catastrofe ecologica: non si fa nulla, anzi si prosegue ad inquinare e a produrre veleni, ma sono le persone che devono sentirsi colpevoli se non mangiano gli yogurt biologici o non sanno riciclare a puntino la plastica. 





venerdì 12 settembre 2025

Illusioni dure a morire

 


La prima illusione : che la gentilezza, il politicamente corretto, il pacifismo, la bonarietà e la bontà possano fermare o anche solo contrastare la violenza. Sono soltanto l’altra faccia della sua rimozione e negazione, e contribuiscono a darle tempo, per permetterle di crescere ed espandersi.

La seconda illusione : che i violenti si fermino davanti a proteste, appelli, manifestazioni, auspici, condanne. Vedrete cosa accadrà tra pochi giorni alla Flotilla : Netanyahu e i suoi ministri (sostenuti dalla maggioranza del suo popolo) proseguiranno a fare quel che hanno già dimostrato di voler e saper fare, anche contro quei coraggiosi, comici e spaventati guerrieri  (un saluto al grande Benni).

La terza illusione : che le condanne penali possano far paura ed evitare future violenze. Bolsonaro è stato condannato a 27 anni ieri e Trump, Netanyahu, Putin forse lo saranno nei prossimi anni. Ma quel che è accaduto è accaduto, i morti non ritornano in vita e niente impedirà ai prossimi tiranni di fare  e rifare lo stesso.

La quarta illusione : che la giustizia sia una sola e non sia invece sempre soltanto la vendetta di chi al momento ha vinto. Solo chi vince con la forza e la guerra decide cosa è e sarà giusto per la storia.

La quinta illusione : che le democrazie avrebbero accolto e sviluppato la nonviolenza quale unica forma possibile della politica. L’involuzione dell’ultimo secolo, ed in particolare degli ultimi decenni, ci mostra esattamente e tragicamente il contrario.

La sesta illusione : che la paura di estinguerci e di vivere in una condizione di permanente emergenza climatica e sanitaria ci avrebbe portato a cambiare rotta e a modificare i nostri modi di vivere sul pianeta. Non ce la faremo, è evidente : stiamo solo bluffando.

La settima illusione : che fossimo usciti, almeno in Europa, dalla guerra e che -fosse anche solo per nostra convenienza- che l’avremmo lasciata soltanto ad altri (magari con le nostre armi e per i nostri interessi, ma altrove). Non è e non sarà più così.