La Nato ci pressa per proseguire a consegnare armi e soldi all'Ucraina per farle vincere la guerra.
Noi gliele daremo comunque, invece, perché prosegua di fatto a perderla.
E noi a perderla con lei.
Non l'ammetteremo e non l'accetteremo mai, ma è già così, da tempo.
E, se fossimo (stati) intelligenti e lungimiranti, già da tempo saremmo dovuti andare a trattare con l'orso russo.
Quando lo faremo, sarà comunque tardi: o perché l'Ucraina sarà ormai fottuta, o perché -pur di tentare di vincerla a qualunque costo- saremo entrati direttamente in guerra -tramite UE-Nato- e ci troveremo di fatto in una terza guerra mondiale, più o meno dichiarata.
In entrambi i casi -ed è molto difficile immaginarne altri- avremmo perso (o l'Ucraina o noi stessi).
USA, ONU e Corte dell'Aja pressano Israele a smetterla, o almeno a ridurre i danni per i palestinesi.
In tutta risposta, Israele prosegue e alza il tiro: uccidendo i membri di una ONG statunitense, bombardando l'ambasciata iraniana in Siria, attaccando il Libano.
Se qualunque altro paese -Stati Uniti esclusi- lo facesse, verrebbe immediatamente messo nella lista dei paesi terroristi.
Ma non accadrà mai, e quindi Israele può di fatto procedere a vendicarsi e a rafforzare il suo dominio sull'area, facendo crescere il suo isolamento internazionale e, inevitabilmente, l'odio antisemita in tutto il mondo.
Molti nemici, molta gloria.
Così si realizza di fatto il trionfo definitivo della vittima che, pur trasformatasi in attuale carnefice di altri , prosegue a dominarci in quanto nostra vittima, eterna vittima di un passato che non passa.
In questa situazione, toccherebbe a noi.
Dovremmo finalmente compiere una spietata autocritica sul passato: non sull'Olocausto (già avvenuta, anche se sganciata dalla sua consustanziale relazione con la nostra stessa modernità), ma sulla malaugurata creazione dello Stato di Israele e sul doppio standard che -sin da subito- abbiamo attuato nei suoi confronti, per gestire malamente le nostre responsabilità ed i nostri sensi di colpa verso gli Ebrei.
L'incapacità di far questo genera di fatto lo stallo, l'impotenza, il fatalismo, la rassegnazione, l'impunità a cui stiamo passivamente assistendo, senza permetterci -anche in questo caso- vie d'uscita praticabili.
Si andrà anche qui, infatti, verso due direzioni possibili, entrambe perdenti: un'espansione geografica dei conflitti armati in corso, nel tentativo di ridurre le illegittime pretese e le scorribande incontrollabili dello Stato ebraico oppure la diaspora del popolo palestinese e il fallimento definitivo delle sue legittime esigenze storico-politiche.
C'è un'altra possibilità, che sarebbe ancora peggiore: l'ennesimo pateracchio falsamente pacificante che sarebbe -come sempre, di fatto- solo l'ennesima nuova base di partenza per la prossima guerra in Medio Oriente.
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