Qualcuno inizia a far filtrare l'idea e la notizia che stiamo per uscire dallo stato di emergenza.
Sileri profetizza anche sulla data: il 31 marzo.
Sarà. Ma c'è da dubitarne.
E se anche sarà così, non usciremo dal circuito delle continue emergenze (e dai conseguenti, nuovi e sempre giustificati 'stati d'emergenza').
Per incapacità e/o per non volontà di affrontare i problemi, i politici infatti hanno tutto l'interesse a farci vivere in uno stato d'eccezione permanente.
E' accaduto, proprio nei giorni scorsi, con l'elezione al Quirinale: si crea l'emergenza (non arrivare ad avere un Capo dello Stato per vie ordinarie) e si va al bis di Mattarella, giustificandolo con la necessità di star fermi, vista l'emergenza più generale (economia, covid, pnrr, etc...).
Emergenza chiama emergenza, senza sosta.
Il ritorno alla 'normalità' non conviene a chi comanda, e non ci sarà: le regole ordinarie della democrazia e del vivere sociale non sono più compatibili con la velocità e le esigenze del mercato, dei media, della politica 'che deve decidere'.
E la decisione più decisiva è proprio quella di decretare lo stato d'eccezione.
Quindi, l'emergenza è e sarà la normalità.
Poco importa, a chi ci controlla e domina, che -ad un certo punto- tutto scapperà di mano anche a loro e sarà troppo tardi per gestire i processi catastrofici con questi metodi, a loro volta catastrofizzanti.
Poco importa se mangeremo dittature, guerre e inquinamenti.
La catastrofizzazione, al momento, rende.
Il futuro può attendere.
Monumentali e impietose spettacolarizzazioni politiche che " trascinano" inesorabilmente le nostre vite di spettatori verso sentieri riccamente paludosi. Appare salvifico - a questo punto - penetrare l' implacabile datità reale con uno sguardo dotato di disincanto, leggerezza e sottile ironia.
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