martedì 3 gennaio 2023

cari colleghi e colleghe...

 Ieri abbiamo ricevuto questa lettera da un collega...

buongiorno e buon anno,
intanto auguri per un felicissimo 2023. Volevo poi condividere con
voi (ma ne ho già parlato con C.) alcune riflessioni
sulle relazioni di tirocinio, che mostrano spesso una involuzione
puramente diaristica e “paratattica” del testo. Mi piacerebbe
conoscere il vostro parere a proposito, anche perché alcuni
studenti, alla richiesta di riformulare la relazione, rispondono che
hanno rispettato il regolamento.

Vi riporto la mia replica a una studentessa:
[…] Stiamo facendo tutti, nelle diverse commissioni, un grande
sforzo per indirizzare gli studenti verso uno standard di scrittura
universitario. Al di là del rispetto meccanico delle norme (la
suddivisione in paragrafi, la formattazione del testo, la lunghezza
del testo, da te posta al limite minimo di 10.000 caratteri, la
bibliografia, comunque assai striminzita e non redatta secondo le
indicazioni riportate nella parte conclusiva del regolamento),
l’aspetto più importante cui mira quel regolamento è quello di
“riflettere criticamente”, di “inquadrare in termini pedagogici il
contesto nel quale si è svolto il percorso”, di "rapportarel’esperienza a ciò che si è acquisito nel percorso formativo” (= a ciò che avete faticosamente studiato in tanti esami…). Non
disperdere quindi testo ed energie nel riportare dettagli
irrilevanti (poltroncine, divanetti, armadietti, zainetti, tavolini,
mobiletti, seggioloni, culle, lettini, altalene, scivoli ecc., e poi
cucine, angoli bambole, lavoretti, feste dei nonni, piedini, manine,
coniglietti, cagnolini, noci, castagne, foglie, ghiande, mandarini,
melagrane…), perché così è anche troppo facile, e un po’ infantile,
mettere insieme 10.000 caratteri. Evita le ovvietà, non limitarti a descrivere le cose, scrivi un testo ragionato, fatto di capoversi
non di elenchi. Fai costante riferimento alle competenze pedagogiche
acquisite nei tuoi studi, ampliando quindi anche la bibliografia.

un caro saluto
G.

 

Questa la mia risposta:

caro g., cari colleghi e colleghe,
esprimere consenso alle tue considerazioni sarebbe troppo semplice.
già passiamo vanamente molte riunioni a lamentarci delle incompetenzedei nostri studenti, di questo tipo o di altro poco importa (sono
talmente tante, indubbiamente...!).
ma la questione è enormemente
complessa e ci riguarda almeno quanto loro.
certe lamentazioni mi ricordano sinceramente quelle dei ricchi che,
dopo aver impoverito e degradato i poveri, rimproverano loro di essere
laceri ed ignoranti.
e magari li aiutano con elargizioni filantropiche, per renderli migliori.
L'impoverimento (intellettuale e relazionale) che deriva dalla vita
che conduciamo (e dagli studi che realizziamo) è strutturale, e si è
ulteriormente ed inevitabilmente aggravato con la digitalizzazione
forzata delle nostre esistenze.
a tutto questo, inutile illudersi, non è possibile rimediare con
pannicelli caldi.
o, almeno, io ci ho rinunciato da tempo.
saluti e auguri
e.

 

ad ulteriore commento, accludo il link di un bellissimo articolo di bifo appena uscito...

https://comune-info.net/come-vivremo-nel-2023/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=Come+vivremo+nel+2023%3F

saluti ed auguri per l'anno che viene a tutti/e voi... 

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