domenica 30 gennaio 2022

capi mafia

Sceneggiate e manfrine sono finite.

Si torna all'usato sicuro: per 'mettere in sicurezza il paese' e 'garantire la stabilità del governo e delle istituzioni'.

Queste elezioni, insomma, erano finte; come quelle che fanno fare a noi cittadini ogni tot d'anni, tanto per farci sgranchire un po'.

Tutto è già deciso, alla fine: lo status quo trova solo conferma e ratifica, ogni volta.

In questo caso, senza neppure giocare a rifarsi la facciata (nonostante i bonus edilizi in corso).

Inutile prendersela con questo o con quello: è un sistema.


Tra Napolitano e Mattarella, quindi, ci apprestiamo a vivere -salvi incidenti- 23 anni della nostra vita. Alcune monarchie durano meno.

Ma dietro queste apparenti stabilizzazioni ed unità che plaudono a se stesse si accentuano squilibri, dissociazioni, polarizzazioni e guerre per bande.

L'anno che ci aspetta sarà terribilmente scontroso e condurrà ad una tornata elettorale ripiena -ancor più del solito- di scontri, scissioni, latrati, coalizioni perverse, tradimenti...

La nostra cultura sociale e politica (democristiana alla radice) impedisce di affrontare i conflitti e si limita -di volta in volta- a continui aggiustamenti collusivi, lottizzazioni, rinvii, spartizioni e scambi.

False mediazioni,insomma. Che funzionano, ad un livello, perché evitano i rischi di un conflitto aperto e persistente. Ma, ad un altro livello, più strutturale, determinano la metastasi di un sistema democratico che non sa prendersi cura di sè, se non con palliativi.

Il modello mafioso alligna così all'interno di tutte le dinamiche e di tutti i meccanismi politici nostrani. Non si tratta di un'anomalia esterna, ma di un intrinseco modo di governare.

Quel che è accaduto in questa settimana, con l'indegna conclusione di ieri, lo dimostra ancora una volta platealmente: quello della rappresentanza è un modello incorreggibile e rappresenta l'antitesi di una democrazia realizzata.

In esso possono crescere solo i rampolli di una già crescente dittatura del consenso.


venerdì 28 gennaio 2022

aria di Casini

 La prima parola che mi viene è balcanizzazione.

Così appaiono sempre più oggi i partiti e le coalizioni (se escludiamo Fratelli d'Italia e Italia viva): totalmente ingovernabili, senza fiducia interna, con bande disobbedienti ai leader presunti, super diffidenti verso l'esterno.

I leaders si parlano, provano a proporre candidati o meno, ma non sono mai sicuri che il gruppo li seguirà. Per tentare di non fare figuracce impongono astensioni di massa, in modo tale da non trovarsi di fronte a preferenze non previste ed incoerenti rispetto a quel che hanno appena dichiarato e solo apparentemente sancito.


La seconda parola è feudalizzazione.

I leader si ergono a grandi feudatari ma i loro vassalli sono sempre più bizzosi.

Non si fidano, ed hanno paura che i loro capi li sacrifichino per mantenersi al potere.

Nel frattempo, l'unico potere che i partiti continuano ad esercitare è quello su noi cittadini, divenuti sempre più solo spettatori del teatro inscenato sugli schermi.

Il sistema dei partiti occupa lo spazio politico, uccide la rappresentanza, neutralizza qualunque spazio democratico, diretto o mediato che sia.

La struttura feudale continua a funzionare, ed anzi si rafforza.

Su di essa è forte la collusione tra tutte le parti, al di là dei loro apparenti conflitti.

I dividendi da spartire restano più significativi delle loro divisioni.


La terza parola è democristianità permanente.

Al momento, il massimo che tutti potranno ottenere sarà rivolgersi a Casini.

A meno che non vogliano rischiare il ridicolo implorando Mattarella o rischiare il governo spostando Draghi. (il cui governo, comunque, non uscirà indenne da questi giorni, se non fossero già state sufficienti per minarlo le dinamiche pre-elettorali dell'anno che verrà).

Tutto è possibile in questo paese.

Ma mi pare evidente che il PD, dopo aver ucciso la sinistra, ora stia riuscendo a far fuori anche il centro-sinistra.

E mi pare che, sull'altro versante. Salvini si sia rivelato ancora una volta -nei momenti decisivi- solo come un grande arruffone, Berlusconi (e Forza Italia) vegetino all'ospedale (e, tra non molto, necessariamente, all'obitorio), la Meloni si candidI a vincere le prossime elezioni e divenire primo ministro.

Ed anche lei, quando si troverà al governo, diverrà democristiana, come già accaduto in altri tempi al PCI ed -in tempi più vicini- alla Lega e ai Cinque stelle.

Moriremo democristiani, con buona pace di Luigi Pintor.

Attualizzando potremmo anzi dire oggi: ci estingueremo democristiani.







giovedì 27 gennaio 2022

bandiera bianca

Draghi, un mese fa, non ha detto quel che doveva dire: che -avendo accettato di fare il capo del governo- non era disponibile a candidarsi per il Quirinale.

E ha detto quel che non doveva dire: che il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto essere eletto dalla stessa maggioranza che regge il suo governo.

Due errori in una sola conferenza stampa. Una trappola per la morale e per la politica.

Ed i partiti, già incasinati ed inquinati per conto loro, si trovano ora a boccheggiare ulteriormente, fra una scheda bianca e l'altra, nella più totale paralisi e sfiorando ogni giorno il ridicolo.

La Costituzione, saggiamente, cerca apertamente di separare le sorti e le scelte sul Quirinale da quelle su Palazzo Chigi. Ma si è fatto ancora una volta come se la saggezza fosse altrove.

Ed ora si alternano inevitabilmente tentativi di incontro e tattiche settarie, nel tentativo di salvare capra e cavoli.  

Se esistesse un minimo di decenza, i centro-sinistri avrebbero fatto miglior figura se avessero da subito accettato la regola dell'alternanza e votare il miglior candidato dei centro-destri: è da 23 anni che i primi eleggono dei loro presidenti, con risultati peraltro molto discutibili: siamo passati da Ciampi, banchiere militarista, all'infame doppiogiochista Napolitano sino al Mattarella, paludato e retoricissimo democristiano.

Se fossero onesti, almeno politicamente, tutti direbbero che l'ennesimo fallimento di questi giorni sarà usata come prova definitiva della necessità di giungere ad un presidenzialismo non più camuffato, all'elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Come peraltro già dichiarano apertamente solo Renzi e Meloni, gli unici due veri leader -purtroppo- nella bolgia di smargiassi che si aggirano a Montecitorio. 

giovedì 6 gennaio 2022

numerologie

Sono nato il 6.1.61, oggi è il 6.1 e quindi compio 61 anni.

me li gioco al lotto?

qui si danno i numeri, si vincono record di contagi, ci drogano con statistiche e previsioni.

anche io vi dò i miei, allora...

li abbiamo inventati noi, ed ora loro ci stanno reinventando.

ci guidano, ci stringono, ci orientano, ci opprimono, ci rassicurano e spaventano, ci salvano e condannano a vita.

Papalagi riteneva pazzi gli uomini occidentali perchè si contavano gli anni e così capivano di invecchiare e di dover morire sempre più presto.

Ora non contiamo più solo gli anni, contiamo tutto.

Papalagi ci riterrebbe ancora più folli e tristi.

Anche perché, nel frattempo, possiamo contare sempre meno su qualcosa o qualcuno.

E più ci mettono a contare (soldi,contagi, giorni...) e meno contiamo qualcosa.

E' la solitudine dei numeri primi, ed anche dei secondi e dei terzi. 

Ma grazie per i regali, i pensieri e gli auguri di oggi, a tutti voi che mi volete bene e a cui mi sento affine, amante, amico. 

A tutti voi, mando un abbraccio da sessantunenne suonato, ma ancora sonante, sognante e risonante.

 


 

 



mercoledì 5 gennaio 2022

senza patria

 

Perché d'un tratto questo smarrimento

ansioso? (I volti come si son fatti seri!)

Perché rapidamente le strade e le piazze

si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.

Taluni sono giunti dai confini,

han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?

Era una soluzione, quella gente.

                                                                                  (K. Kavafis, Aspettando i barbari)


I barbari non sarebbero mai esistiti se non fossero stati così nominati e quindi creati dagli stati e dalle loro autoproclamate 'civiltà'.

I confini delle nazioni sono sempre dei muri che delimitano verso lo spazio esterno (delle terre incognite e/o di umani incivili, primitivi e stranieri) e rinchiudono all'interno i propri cittadini, richiamati a leggi, doveri ed identificazioni identitarie e protetti da diritti ed eserciti.

La pandemia ha chiarito ancora una volta che la natura profonda degli stati è -e non può che essere- il nazionalismo ed il sovranismo: chi sta fuori dai propri confini va discriminato e sfavorito rispetto a chi sta dentro, e chi sta dentro è meglio che stia lì fermo, a farsi proteggere da chi sa e ad obbedirgli.

La stessa Unione europea ha dovuto rimettere in discussione i suoi trattati di libera circolazione interna. Il trattamento degli immigrati alle sue porte ci dice il resto.

Quella che chiamano libertà si rivela per il suo rovescio: chiusura, oppressione e subordinazione.

In questi giorni sto riflettendo su questi temi, anche grazie agli spunti di due libri che, curiosamente, hanno lo stesso titolo: L'arte di non essere governati.

Uno è di E. Krippendorf e l'altro, più recente, di J.C. Scott.

Ve li consiglio entrambi.


Ho già espresso più volte la convinzione che l'attuale patriottismo non è un sentimento naturale, anzi è irragionevole, nocivo e oltretutto causa la maggior parte dei mali che affliggono l'umanità; di conseguenza, non bisogna affatto alimentarlo,come si fa ai giorni nostri, ma al contrario soffocarlo e combatterlo con tutti i mezzi che gli uomini ragionevoli hanno a loro disposizione...

Ma tutte le obiezioni da me sollevate si sono trovate di fronte alla bizzarra osservazione secondo la quale c'è un patriottismo cattivo, come lo sciovinismo, che va rifiutato, e un patriottismo buono che sarebbe quello autentico, ovvero un sentimento elevato e profondamente morale che sarebbe irragionevole, anzi criminale, condannare. In che cosa consista questo patriottismo autentico non ci viene però detto; o meglio, al posto di darci una spiegazione si pronunciano frasi ampollose e altisonanti o si spaccia per patriottismo qualcosa che non ha nulla a che fare con quello che noi tutti conosciamo e che ci affligge crudelmente...

Il patriottismo -non quello immaginario ma quello vero, quello che tutti ben conosciamo, che influenza la vita della maggior parte degli uomini del nostro tempo e che ci fa soffrire così crudelmente- ...è un modo di sentire che privilegia il proprio popolo o il proprio Stato a scapito di tutti gli altri. Infatti persegue apertamente il desiderio di assicurare ad essi la maggiore prosperità e la maggiore potenza possibili, obiettivi che non possono essere conseguiti se non a svantaggio della prosperità e della potenza degli altri popoli e degli altri Stati.

Appare dunque evidente che il patriottismo è non solo cattivo e dannoso in quanto sentimento, ma anche stupido in quanto dottrina, perché è evidente che se ogni popolo e ogni paese si pretende superiore a tutti gli altri, il mondo intero precipiterà in un abbaglio tanto grossolano quanto funesto...

Queste lucide ed attualissime parole di Tolstoj, scritte nel 1900 (e che potete trovare nella bella antologia 'Il rifiuto di obbedire', uscita da poco per Elèuthera) ci riportano a quel che stiamo vivendo.

Il patriottismo democratico (o, se preferite, la democrazia patriottica) in cui ci troviamo ormai immersi -e che ha trovato ultima espressione nel discorso di fine anno del nostrano Mattarellum (non a caso incensato ed acclamato da tutto il sistema)- ne rappresenta il tragico punto di congiunzione.

Ancora una volta le democrazie giocano col fuoco e, coerentemente alla natura profonda degli Stati -sempre autoritari e militaristi, comunque si autodefiniscano retoricamente- ci avviano irreversibilmente ed ancora una volta verso regimi e situazioni che sanno solo di dominio e di guerra.


Oggi l'apparato di controllo è in gran parte digitalizzato...Penso a quello che l'esercito israeliano chiama 'Palestinian face book': la faccia di ogni palestinese viene fotografata più volte da telecamere piazzate ai checkpoints, lungo le strade, nei punti di controllo del traffico. Poi tutto finisce in un gigantesco database in cui è ritratto quasi ogni singolo cittadino palestinese. É un esempio di occupazione smart: diffidate sempre di questa parola. Ed è solo un piccolo aspetto di un sistema in cui ogni telefono cellulare è sorvegliato dal software spia Pegasus. Tutte le comunicazioni wireless dei palestinesi sono intercettate e localizzate, un apparato di sensori di movimento, droni, satelliti controlla ogni movimento sul terreno.

Israele, piccola nazione di dieci milioni di persone, oggi è il terzo esportatore mondiali di sistemi d'arma e di sorveglianza cibernetica...La pandemia stessa è stata un enorme esperimento sociale...Prendete una persona sospettata di 'attività contro lo stato', e quindi un 'nemico', un 'terrorista'. E la metafora di un terrorista è il virus...Si parla molto della rapidità con cui Israele ha vaccinato tutta la popolazione. Meno del prezzo di questo successo:ha avuto in tempi brevi le dosi necessarie grazie ad un accordo di condivisione dati con Pfizer. Il paese è diventato un laboratorio...Ma solo i cittadini israeliani sono stati vaccinati, i vicini palestinesi no...Questo esperimento potrebbe anche dire alle nazioni occidentali se devono spendere risorse per vaccinare altre popolazioni o possono limitarsi a proteggere loro stesse...

(dall'intervista a E. Weizman, in Altreconomia di questo mese).


La nonviol'anarchia, se volesse e potesse darsi voce e spazio politico, non dovrebbe proseguire a disperdere le sue già deboli forze in scaramucce momentanee e parziali.

Dovrebbe invece concentrarsi su alcuni snodi che riassumerei così:

  1. riprendere a dichiararsi dei 'senzapatria': rifiutarsi di partecipare al rito elettorale (organizzare una campagna pubblica contro le elezioni del 2023) e lanciare un appello a tutti coloro che sarebbero disposti a divenire-volontariamente- apolidi;

  2. costruire azioni collettive e coordinate per uscire dallo sviluppo e far decrescere volumi, peso e valore dell'economia di guerra sulle nostre vite;

  3. boicottare il dominio totalitario tecnocratico: uscendo dai social (aperto a molti) e praticando forme diffuse di hackeraggio sociale (per pochi).

Chi sarebbe disposto ad impegnarsi continuativamente su almeno uno di questi ambiti?

Essi richiedono evidentemente diversi livelli di presenza e di rischio.

Ma anche il più semplice appare ad oggi molto arduo, anche per noi -persone persuase ed intellettualmente consapevoli.

Figuriamoci per chi sta ancora dietro a politici, giornalisti e -da ormai due anni- virologi.