Scopare è la sola cosa che
desiderano quelli che stanno per morire. (R. Bolano)
Alla fine dell'anno mia madre ci
lasciò per andare in una città del Nord con l'amante. Crebbi con lo
stigma dell'abbandono. Qualcuno mi prendeva in giro ed altri mi
proteggevano in modo eccessivo. Per difendermi dai giudizi e dalla
commiserazione della gente, mi rifugiai nei libri della scuola e nel
cinema di quartiere. Con il passare degli anni mi guadagnai l'accesso
al cortile vietato e al ciliegio sotto il quale mi trattenevo per
ore, a guardare il monticello d'erba. Decisi in segreto che l'avrei
considerato la tomba di mia madre...Mi sedevo lì a leggere o a
scrivere il mio diario. Altre tombe, nel cimitero o intorno alle
chiese, cominciarono ad attirare la mia attenzione...E' facile
appassionarsi alla morte quando non se n'è ancora subita nessuna.
Non è un caso che le tombe siano
così diverse tra loro. Neppure i loculi si somigliano. Si sporcano
in modo differente. Uno avrà qualche macchia di unto accanto
all'epitaffio, su un altro crescerà il muschio, il marmo di un altro
apparirà lindo, intatto.
Anche la morte ha qualcosa di
ironico: rimane ciò che vorresti eliminare e ciò che vorresti
conservare viene dimenticato in fretta.
Una delle prime cose che attirarono
la mia attenzione in quel luogo invernale, fu la grande quantità di
persone che sembravano appartenere a una realtà liminare,
indipendente, individui che intavolavano conversazione accalorate con
se stessi o con interlocutori ipotetici che, nella metropolitana,
apostrofano i passeggeri e li insultano, per il piacere di insultare
o per qualche ragione sconosciuta. Queste persone perturbanti -che
non oserei definire psicopatici- mi parevano tutte stranamente
simili, vittime di un'epidemia psicologica.
I sintomi si manifestavano
soprattutto in individui poveri che, dopo aver aggredito due o tre
passanti, salivano sugli autobus o sui vagoni della metropolitana
chiedendo un aiuto economico ai passeggeri, ma potevano comparire
anche nei camerieri, nei commessi delle tabaccherie, o nelle
operatrici telefoniche. Fin troppo spesso la metropolitana si fermava
per via di quello che gli altoparlanti definivano un accident de
passager, eufemismo usato pudicamente per non annunciare la morte di
qualcuno che si era buttato nei binari.
Io guardavo tutto senza capirne le
ragioni, con l'atteggiamento sorpreso e distante che si riserva
all'analisi dei costumi stranieri. Quelle persone mi facevano paura.
Da dove erano uscite ? E, soprattutto, com'era possibile che fossero
così tante ?
Ma mi facevano paura anche gli
altri, quelli che ostentavano un'aria di superiorità e il disprezzo
verso quanti sembravano impazziti o, come dicevano loro, usciti dai
binari.
Tuttavia, invece di vedere
l'esaltazione che rafforzava la tempra della mia anima, notavo in me
una pusillanimità orrenda riguardo a Ruth. Adesso mi dico, forse per
giustificarmi, che l'esperienza dell'amore, quando è incontestabile,
porta con sé una minaccia di rivoluzione, di cambiamento radicale,
di renversement. E per quanto evitiamo -o posticipiamo, come nel mio
caso- di prendere decisioni repentine o avventate, tutto pare
sull'orlo del collasso, del terremoto.
E' grandissima la fragilità nel
caso di un amore del genere, che si impone in questo modo.
Ed è naturale o inevitabile cercare
appigli, per quanto siano assurdi o sbagliati, in modo da non
sentirsi inghiottiti dall'abisso: il lavoro, la quotidianità, ma
anche i rapporti con le persone che costituivano il nostro universo
prima dell'incontro che ci ha scossi.
Claudio,
ci sono periodi in cui ho solo
voglia di dimenticare il mondo e sono ossessionata da cose prive di
senso. E' ciò che è accaduto nei giorni in cui non ti ho scritto.
Sono nel pieno di una lotta con me stessa. Alcuni lati del mio
carattere mi fanno soffrire e fatico a sradicarli. Da quando ti ho
conosciuto ho tentato di aprirmi alla possibilità dell'amore per
combattere la frustrazione, lo sperdimento. Ma a volte si
impossessano della mia vita. Perchè vuoi che ti scriva da un luogo
simile ? Se dovessi decidere in quale mare suicidarmi, andrei in
Sicilia.
Non smettere di scrivere. Ricevere
le tue parole mi farà bene.
Dopo aver letto quel messaggio,
spensi il computer e uscii a camminare senza smettere di pensare a
lei e al suo sconforto...Che cosa si ama in un altro ? Credo il suo
stile -sotteso a quello che chiamano 'chimica', un modo più o meno
costante di stare al mondo, una maniera indefinibile di aiutare gli
altri a conoscersi e ad accettarsi.
Mi dissi che in fin dei conti
ciascuno di noi è un campo di battaglia permanente. Cecilia Rangel,
come chiunque – e più che mai a ventisette anni-, è un'essenza
instabile, una serie infinita di tentativi, di errori e di successi.
Quanto affetto sentivo per tutti i suoi movimenti e le sue
oscillazioni. Quando rientrai le scrissi:
Cecilia,
niente di ciò che potresti
rivelarmi sui tuoi lati 'invisibili' potrà sorprendermi o
spaventarmi. Magari alcune cose mi appariranno più utili o
produttive o positive di altre. Ma non si può amare né rispettare
una persona a pezzi, in modo selettivo. Eccoti una poesia di
Salvatore Quasimodo che ho scoperto anni fa, un giorno in cui mi
sentivo come ti senti tu adesso:
Ognuno sta solo sul cuor della terra
Trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Che possiamo, presto, ovunque siamo,
sentire lo stesso raggio di sole che ci attraversa.
Prima di arrivare al giardino della
Tour, abbiamo fatto diversi giri con il passeggino in Place
Joachim-du-Bellay, dove un branco di ragazzini correva a perdifiato
proprio nel punto in cui un tempo sorgeva l'antico Cimetière des
Saints-Innocents.
Ho pensato che, come la primavera
segue all'inverno portandoci a scordarne la crudezza da un anno
all'altro, ci saranno sempre bambini che giocano e corrono sopra i
nostri morti.
(Guadalupe Nettel, Quando finisce
l'inverno, 2014)
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