E non solo non ci si impadronisce
subito delle opere davvero rare, ma all'interno di ciascuna di esse,
le parti che si colgono per prime sono proprio le meno pregiate...
Non avendo potuto amare che in tempi
successivi tutto ciò che la Sonata mi offriva, non la possedetti mai
per intero: assomigliava alla vita.
Ma, meno deludenti di questa, i
grandi capolavori non cominciano mai col darci il meglio di sé.
Nella Sonata di Vinteuil, le
bellezze che si scoprono per prime sono anche quelle di cui ci si
stanca più in fretta, perchè sono quelle che meno differiscono da
quanto già conoscevamo.
Ma quando queste si sono
allontanate, ci resta da amare quella certa frase il cui ordine,
troppo nuovo per offrire al nostro intelletto altro che confusione,
ce l'aveva resa impercettibile e serbata intatta; allora, lei davanti
alla quale passavamo ogni giorno senza saperlo e che s'era tenuta in
disparte, lei che per il solo potere della sua bellezza era divenuta
invisibile e rimasta ignorata, viene per ultima a noi.
Ma sarà anche l'ultima che noi
lasceremo.
E l'ameremo più a lungo delle
altre, perchè ci sarà voluto più tempo per amarla.
E così, per risparmiarsi le
incomprensioni della folla, l'uomo di genio si dice che forse, dal
momento che i contemporanei mancano del necessario distacco, le opere
scritte per la posterità dovrebbero essere lette solo da
quest'ultima.
Ma, in realtà, ogni vile
precauzione per evitare i falsi giudizi è inutile, essi non sono
evitabili.
Quella che noi chiamiamo posterità,
è la posterità dell'opera.
Bisogna che l'opera (non tenendo
conto dei geni che nello stesso periodo possono preparare per il
futuro un pubblico migliore, di cui non loro ma altri geni godranno
il beneficio) si crei da se stessa la propria posterità.
Se dunque l'opera si tenesse in
disparte, non si facesse conoscere che dalla posterità, quest'ultima
non sarebbe nei suoi confronti la posterità, ma un'assemblea di
contemporanei vissuti, semplicemente, cinquant'anni dopo.
Bisogna, insomma, che l'artista
lanci la propria opera, se vuole che possa percorrere la sua strada,
là dove vi sia sufficiente profondità, in pieno e lontano futuro.
Essere costretti, per un'opera
d'arte, a includere nella somma della sua bellezza il fattore del
tempo mescola al nostro giudizio qualcosa d'altrettanto aleatorio,
quanto qualsiasi profezia, il cui mancato avveramento non implicherà
in alcun modo la mediocrità intellettuale del profeta, giacchè quel
che chiama all'esistenza i possibili o da essa li esclude non è
necessariamente di competenza del genio; si può essere stati dei
geni e non aver creduto all'avvento delle ferrovie o degli
aeroplani, o anche, pur essendo grandi psicologi, non aver supposto
la doppiezza di un'amante o di un amico di cui le persone più
mediocri avrebbero previsto i tradimenti...
Per passeggiare nell'aria, non
occorre avere la più potente delle automobili, ma un'automobile che,
interrompendo la corsa a terra e tagliando con una verticale la linea
che stava percorrendo, sia capace di convertire in forza ascensionale
la sua velocità orizzontale.
Analogamente, gli uomini che
producono opere geniali non sono quelli che vivono nell'ambiente più
squisito, che hanno la conversazione più brillante, la cultura più
vasta, ma quelli che, cessando bruscamente di vivere per se stessi,
hanno il potere di rendere la loro personalità simile a uno
specchio, in modo che la loro vita vi si rifletta, giacchè il genio
consiste nel potere riflettente e non nella qualità intrinseca dello
spettacolo riflesso...
(sempre M, Proust, Intorno a Madame
Swann...)
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