Il parlamento
catalano ha proclamato infine -dopo vari giri- la sua indipendenza
dalla Spagna.
Ora i catalani -se
davvero vogliono provare a costruirla e detenerla- dovranno
organizzarsi attraverso una lunga lotta nonviolenta: non
collaborazione attiva alle imposizioni dello stato centrale,
disobbedienza civile nei confronti delle leggi, forme di autogoverno
parallelo.
Ormai si potrà
giungere di nuovo a incontri di mediazione solo se queste forme di
lotta avranno la meglio o, perlomeno, renderanno impossibili
l'esecuzione delle procedure di delegittimazione già avvviate da
Madrid col beneplacito di tutti i governi occidentali e dell'Unione
Europea.
I catalani dovranno
riuscire a paralizzare la Catalogna e a rendere la vita difficile a
tutta la Spagna.
Dovranno uscire dal
loro territorio e squilibrare ulteriormente i fragili muri di
contenimento eretti dai loro avversari.
Per giungere ad uno
stallo tra le parti, senza vincitori né vinti, che induca entrambe
le parti a trattare.
Ma ci si arriverà
?
Quel che farà e
sta già facendo la Spagna è chiaro: sospensione dell'autonomia,
elezioni anticipate, militarizzazione, repressione, arresti.
Meno chiaro è quel
che faranno i catalani: gli appelli ad un comportamento civile e
pacifico non saranno sufficienti se lo stress del sistema salirà
ancora.
E si possono
nutrire seri dubbi che la violenza, da entrambe le parti, non si farà
strada, sino a che la situazione non verrà a configurarsi come una
vera e propria guerra civile.
La lotta
nonviolenta è antica come le montagne, ma non può essere del tutto
improvvisata.
E non basta
scendere in piazza, o mobilitarsi sui social, anche ogni giorno, per
giungere a dei risultati soddisfacenti (come le primavere arabe hanno
già ampiamente dimostrato).
Se i movimenti
catalani non saranno capaci di fare un salto dal pacifismo generico
alla lotta nonviolenta organizzata, si riveleranno 'deficienti' e si
ritroveranno in men che non si dica dentro una violenza quotidiana e
senza quartiere, da cui -di solito- esce vincente solo chi ha potere,
armi e denaro.
Resta da chiedersi,
almeno per me, infine:
vale la pena di
rischiare tutto questo solo per tentare di andare a costituire un
nuovo staterello, certo più ricco, forse più democratico e magari
repubblicano ?
Val la pena di
giocarsi la vita, val la pena di morire per un qualunque signor
Puigdemont ?
Davanti a quel che
sta accadendo in Spagna, comunque, le vicende nostrane toccano il
ridicolo.
I Cinque stelle,
totalmente ignari di nonviolenza, dopo essersi fatti votare per
scardinare il Parlamento, al momento in cui li fregano ancora una
volta e gli altri -tutti insieme appassionatamente- vanno a votare a
colpi di fiducia una nuova legge elettorale truffa, cosa fanno ?
Escono dall'aula e
chiamano le folle fuori dal Parlamento, a fare buuh e a urlare in
piazza come dei dei deficienti, aizzati da comizianti d'antan,
disperati e impotenti, ancora una volta sconfitti da quel Palazzo che
volevano conquistare (ed ancora ci sperano...ed anche se accadrà ? E
poi ?).
Per non parlare
della tristissima e squallida vicenda imbastita sulla povera Anna
Frank.
Gli irriducibili
della Lazio sono solo dei goliardi imbecilli, rispetto a quel che
hanno combinato le istituzioni dello stato e del calcio: mettersi a
leggere il Diario allo stadio o far indossare magliette ai giocatori
prima delle partite, vestire la ragazzina in rossonero o in rossoblù,
impossessarsi di una giustizia e di una verità che non appartiene a
nessuno e a cui nessuno veramente crede più.
Un'ignobile
pagliacciata. O, come ha detto off line Lotito, solo una squallida
sceneggiata.
Solo una partita fra deficienti contro
deficienti, senza senso per nessuno.