Hanoi non è una città, è un mondo.
In cui ti senti importante ogni volta che una moto ti sfiora senza colpirti e tu riesci a sgusciare via, ed anche lei, da chissà quale angolo...
In cui ti senti piccolo, quasi nulla, dentro un immenso formicaio di esseri, piccoli come te, che si arrabattano a vivere, a guadagnare quel dollaro in più con cui vivere, a respirare sotto il cielo grigio dell'inverno e dello smog.
Hanoi è un casino bellissimo, un roteare di gente vivente e in moto perpetuo, non si sa bene verso dove.
Tutti a sterzare, deviare, insinuarsi, piegarsi: tra gli incroci o a far ginnastica e tai chi nei parchi, a piegarsi per lavare i piatti a terra, o a girare l'immancabile pho di pollo o di manzo.
Hanoi merita di starci, ben più a lungo di queste povere tre notti.
Ho Chi Minh, ed il suo triste mausoleo, convivono tristemente con i nuovi mall di prestigio, divorati da Dior, Cartier e Valentino.
Le mille bandiere rosse vanno insieme allo sfavillio di verdi e rossi e violetti che circondano Hoan Kiem, il laghetto della Spada Ritornata.
E chissà cosa combineranno per il Tet, il capodanno cinese che si avvicina (15 febbraio).
Ho assistito allo spettacolo del teatro delle marionette sull'acqua, un mirabolante esempio di colori, suoni e sottilissima coordinazione.
Qui tutto il complesso sembra semplice e leggero: anche le parole sono scritte sempre in piccole sillabe che vanno ricomposte nel parlato.
Le case a due o tre piani sono sottilissime e strette e lunghe verso l'interno, e si addossano tra loro perfettamente, senza lasciare il benchè minimo spazio, come i milioni di motorini parcheggiati per ogni dove...
Baia di Halong, una delle meraviglie del mondo, dicono i viet.
E come dargli torto ?
Ci siamo fatto dieci ore di bus pur di vederla, ma al rientro non sentivamo quasi la stanchezza, tanto ci è sembrata bella.
Migliaia di faraglioni nell'oceano, a poche miglia dalla costa, che formano grotte e nascondono immense grotte al loro interno, che creano tratti di mare semichiusi, sempre navigabili, anche in canoa (ci siamo sperimentati anche noi a remare per una mezzoretta tra gli scogli e le aquile svolazzanti, in un fragoroso silenzio).
Ed il delta del Fiume Rosso, distesa infinita di risaie e alluvioni infinite, in cui forse ci aggireremo domani.
Ora siamo arrivati, infatti, proprio lì vicino, a Ninh Binh.
Stamattina abbiamo visto Hua Lo, la vecchia città reale cinese.
Domani notte, in uno sleeping bus, lasceremo il Tonchino e andremo verso Huè, e l'Annam (12 ore di viaggio notturno).
Vi racconterò ancora...
E’ appena andata via la troupe del tg4, mandata dal direttore Mario Giordano a raccogliere la mia fondamentale reazione al massacro stupido e criminale dei due assassini idioti che hanno seminato la morte nella redazione del Charlie Hebdo. Mario Giordano ha pensato a me perché sono stato direttore di Cuore e sono autore e conduttore di Un Giorno da Pecora, due esempi abbastanza forti di satira politica in Italia. Io ho usato un aggettivo, “lacerante”. Lacerante perché quelli del Charlie Hebdo li considero come dei parenti stretti, anche se non li conosco. Lacerante perché la missione è comune: fare da cani da guardia del potere. Come i giornalisti? Sì, come dovrebbero essere i giornalisti. Ma gli autori di satira devono anche essere cattivi. Devono essere feroci cani da guardia del potere. Quella è la loro funzione politica e culturale. Quindi, detto subito che uccidere è una cosa tremenda, che la violenza come propria espressione del dibattito, la violenza come forma di dissenso, mi fa schifo, detto tutto questo, che non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo perché dovrebbe essere una forma automatica di pensiero, vorrei anche evitare di fare il buonista, il politicamente corretto. Avete presente? La matita contro il kalashnikov. La libertà di pensiero. Uccidere degli innocenti perché hanno deriso Maometto.
Non esistono innocenti. Nessuno di noi è innocente. Non è innocente il comandante del plotone di esecuzione che fucilò l’antinazista, non è è innocente chi sganciò la bomba atomica su Hiroshima, non è innocente il boia che spara alla nuca del condannato a morte in Cina. La violenza è violenza, non c’è quella legittima e quella vietata. Anzi, la violenza legittima è quella più colpevole perché carica l’arma di quella illegittima. Se qualcuno muore mentre è in mano alla polizia non è violenza? E’ un atto gentile?
Molte domande bisognerebbe porsi, ma non solo oggi. Bisognerebbe porsele tutti i giorni, sempre. Si può criticare una religione? Fino a che punto? La si può deridere? Si può svillaneggiare un profeta, un dio, un santo? Io sono fortemente laico. Per me la storia delle religioni andrebbe insegnata nelle scuole da professori non credenti. Solo così si eviterebbe di alimentare i fanatismi. Ma non posso non chiedermi: perché siamo così teneri con chi insulta Maometto e invece siamo severissimi contro chi insulta Gesù Cristo? In tutti, o quasi tutti, i nostri amati Paesi occidentali esistono leggi che difendono la religione locale. E puniscono il vilipendio, la bestemmia, l’offesa con pene piuttosto pesanti. Perché Dio va protetto e Maometto no? Dice: due fanatici si arrogano il diritto di dare la morte ai colpevoli di insulto a Maometto? Ecco, appunto, due fanatici. Ricordate il norvegese che uccise 77 ragazzi in un isola vicina ad Oslo. Catturato, disse di averlo fatto per difendere il Cristianesimo.
Lasciatemi insistere, il problema non è la libertà come ha detto Michele Serra. Il problema è la violenza. Ho cercato di spiegarlo a quelli del Tg4 e spero che nel poco tempo a disposizione il concetto sia risultato chiaro. Se non rinunciamo alla nostra violenza inevitabilmente generiamo violenza in chi non la pensa come noi. Se esporti violenza importi violenza. Se ogni giorno l’occidente scatena trecento bombardamenti sull’oriente ci dice di culo se l’oriente non contraccambia con altrettanti bombardamenti quotidiani sull’occidente. Ma contraccambia come può, avendogli noi insegnato che la violenza è una forma di dialogo.
Viviamo immersi nella violenza. Quella dei bulletti nei confronti delle donne. Quella degli stupratori. Quella degli ultras. Quella di alcuni agenti. Quella di alcuni centri sociali. Ma riconosciamo come violenza vera e intollerabile solo quella degli avversari. L’esempio classico è quello della mamma per la quale il figlio violentatore è stato provocato da quella puttanella. E poi è violenza anche quella più sottile, più educata, meno evidente, più subdola. Quella dell’amianto, quella di chi lascia affogare gli extracomunitari, quella del ricco evasore che causa la povertà del suo concittadino, quella di chi licenzia perché vuole delocalizzare e lascia intere famiglie sul lastrico. Io poi credo che sia una forma di violenza anche avermi fatto studiare per tredici anni sotto una immagine di una religione nella quale non mi riconoscevo, avermi fatto processare in un aula di tribunale protetta da quella stessa immagine. La religione purtroppo spesso è stata una forma di violenza. E non parlo delle Crociate, non parlo dei Papi guerrieri, non parlo di Galileo Galilei e nemmeno delle streghe bruciate vive in piazza. La religione purtroppo spesso è una forma di violenza nei confronti degli ignoranti. Adesso abbiamo il papa portatore di segnali di pace. Meno male. Ma ho come l’impressione che ai potenti, i veri potenti, tanto per capirci a quelli che hanno incendiato il medio oriente (e adesso non riescono più a spegnerlo) inventando notizie false come le armi di distruzione di massa per nascondere ignobili interessi petroliferi, dei segnali di pace non freghi proprio niente.
ps: intendiamoci, non ho inventato niente. Fabrizio De André, colui che ha già sempre detto tutto, cantava:
Potere troppe volte
delegato ad altre mani,
sganciato e restituitoci
dai tuoi aeroplani,
io vengo a restituirti
un po’ del tuo terrore
del tuo disordine
del tuo rumore.
Ma erano canzonette
EDIT: Il Tg4 ha preferito non mandare in onda la mia intervista. Tutto sommato ha fatto bene.
EDIT2: L’intervista è andata in onda in versione ridotta nel TG4 dell’8/1/2015 alle 19.55
EDIT2: L’intervista è andata in onda in versione ridotta nel TG4 dell’8/1/2015 alle 19.55